Probabilmente il primo sito di ultrafinanza (o di finanza da ultramaratona) della storia, dove le mie due passioni si incontrano in una esplosione di sentimenti squisitamente umani poi applicati alla razionalità dei prodotti finanziari, con un tocco di ironia e senza mai perdere di vista la serietà degli argomenti trattati. Come investitore professionale non sono alla ricerca del profitto, ma della qualità nel profitto: che deve essere socialmente ed ambientalmente sostenibile. La mia è una, letteralmente, costante corsa contro il tempo e ogni passo compiuto in montagna avvicina la mia strategia a quella perfezione emotiva nella gestione del portafoglio che soltanto una via "Naturale" degli investimenti può regalare.

martedì 5 settembre 2023

Libero arbritrio e facoltà di critica.

Questi sono i miei piedi dopo 24ore 130km e 16.000 metri di dislivello accumulato in una Ultratrail. Un'immagine che forse colpirà gli animi più sensibili ma che rende l'idea.

Chi me lo ordina, cosa mi spinge, ma soprattutto che senso ha.

Niente e nessuno: facile. 

D’altronde nessun senso ha anche fumare per ridursi i polmoni come caldaie a carbone del secolo passato o bere alcolici e cristallizzare il fegato come un pezzo di granito Dolomitico, oppure intasare arterie e coronarie con residui tossici del cibo spazzatura. 

Lo si fa e basta, con l’unica differenza che le unghie nere e le vesciche si vedono, mentre fegato polmoni e colesterolo no.

Ci tengo a precisare che non sono lo stereotipo salutista ossessionato dagli sport estremi e dall'alimentazione che parte con la predica.

No.

Sono un amante del libero arbitrio, questo si, e per "deformazione professionale" in forma estrema: Il fumatore, l’alcolizzato, il drogato, l’uomo “normale” che sceglie cattivi stili di vita sa che un giorno potrebbe aver bisogno di visite mediche e cure ospedaliere, una parte probabilmente a carico della comunità, e che le sue abitudini potrebbero magari ledere interessi altrui, chissà forse esser viste come un estremo atto di egoismo.

Però è un diritto. Ed è giusto sia così.


La settimana scorsa è morto un ragazzo di soli 28anni correndo una corsa in montagna. Nemmeno una delle più dure, anzi chi è dell’ambiente sa che una trail di 45km è per chi pratica questo sport quasi la normalità. Non si può nemmeno, dal punto di vista tecnico, definirla una ultra.

I “giornalisti” no.

Arrogandosi diritti mai acquisiti, hanno dato sfoggio di una tal patetica mancanza di sensibilità verso la disgrazia accaduta da rasentare il crimine. Immediato il collegamento con un'altra tragedia accorsa, nella stessa gara, 4 anni fa, dove una ragazza perse la vita colpita da un fulmine.

Se non giuridico, il crimine commesso da questi giornalisti è perlomeno etico, senz’altro umano.

Un’accozzaglia di articoli privi di qualsiasi soggettiva analisi, un copia incolla vomitevole, inumano, con dati e affermazioni inesatte, spesso stupide e scritte male. Articoli che nemmeno la più meccanica e fredda Chatgpt sarebbe in grado di scrivere.

I cervelli di questi “giornalisti”  sono riusciti a secernere, come bubboni infetti, il prodotto dell’infezione che ormai da qualche anno colpisce tutti i media.

Termini come: la levataccia (elemento di rischio cardiovascolare apparentemente) il caldo opprimente (domenica il tempo era cambiato e addirittura rinfrescato, per non parlare delle migliaia di competizioni svolte in estate che sfatano la credenza che sia il caldo ad uccidere sistematicamente) l’inumano sforzo (altra unità di misura inventata per l’occasione, visto che ultramaratone di 100 anche 200km con migliaia, ripeto migliaia di iscritti vengono regolarmente svolte ogni fine settimana in Italia); tutti termini utilizzati per un fine preciso e condito da una diagnosi, immediata, scontata, ovvia....ma inventata: infarto del miocardio per esaurimento fisico.

Diagnosi poi smentita dall’autopsia di questi giorni tra l’altro e senza che nessuna redazione abbia fatto, a tutt'oggi, una smentita di qualche sorta.

Perché non chiamarlo suicidio a questo punto?

A quando l’imbecille che proporrà magari di limitare queste attività perché “pericolose”? Un anno la Natura e ora l'ipotetico "infarto": senz'altro sarà compito di qualche mente eccelsa mediare il rischio per l'intera comunità.

Visto che ci siamo perché non vietare l'uscita di casa dalle 14 alle 16 con più di 35 gradi, dalle 22 alle 06 con meno di 5, la mattina se con traffico sopra una certa soglia, in montagna per evitare zecche, lupi e orsi? Ho l’impressione che l’accaduto nei tristi e bui anni 2020/2022 abbia letteralmente rattrappito l'intelligenza umana devastando il concetto di flessibilità della specie. 

#stiamoacasa?

Sono l’unico nel volersi ribellare a questo scempio etico? Non una parola di conforto, di condoglianze, di Pietà Cristiana. Come se la persona vittima di questa tragica fatalità non fosse più nemmeno un essere umano, con famiglia, parenti amici. Un oggetto inanimato utile ad attrarre qualche click, mera merce di scambio.

Superficialità mediatica all’ennesima potenza, ma ormai è solo vomito.


Finitela con i vostri pop-up che mi chiedono di sottoscrivere l'abbonamento: il disservizio e la disinformazione che ormai sistematicamente e quotidianamente svolgete è si l’espressione di un disagio esistenziale: ma soltanto
vostro.