Probabilmente il primo sito di ultrafinanza (o di finanza da ultramaratona) della storia, dove le mie due passioni si incontrano in una esplosione di sentimenti squisitamente umani poi applicati alla razionalità dei prodotti finanziari, con un tocco di ironia e senza mai perdere di vista la serietà degli argomenti trattati. Come investitore professionale non sono alla ricerca del profitto, ma della qualità nel profitto: che deve essere socialmente ed ambientalmente sostenibile. La mia è una, letteralmente, costante corsa contro il tempo e ogni passo compiuto in montagna avvicina la mia strategia a quella perfezione emotiva nella gestione del portafoglio che soltanto una via "Naturale" degli investimenti può regalare.

giovedì 28 dicembre 2023

Storie quasi segrete di un over 50 dedito all'ultramaratona. Condensato di esperienze.

L'asino non è forse l'animale più bello del mondo?

In famiglia mi danno dell'asino, a buon diritto direi, probabilmente penserei lo stesso se non mi conoscessi.
Per i miei paesani sono "l'àsen", il musso, il somaro che si diverte a vagare nei boschi.

Un over 50 dedito, ossessionato forse, dalla corsa in montagna e che a volte si trascina per ore sui sentieri dietro casa, su e giù per le stesse valli, avanti e indietro su sentieri conosciuti a memoria, a destra e sinistra per le stesse biforcazioni, per il semplice gusto di ripercorrerle per la millesima volta, alcuni forse per la milionesima, e solo per il fatto, verrebbe da dire, “perché sono li…”

Ho usato il termine "si trascina", ma l'ho fatto di proposito. A volte, ma anche spesso sarebbe opportuno dire, nel mio caso il gesto atletico della corsa in montagna degenera in altre espressioni di questo sport, alcune evitabili, altre inevitabili:

Crisi glicemiche, di fame, di stanchezza, da dolori muscolari o articolari, da tensioni sia fisiche che psicologiche e via discorrendo. Vi è una condizione particolare, che solo chi pratica sport di endurance conosce, alla quale io ho dato una definizione specifica ma che rende l'idea: disagio. La sensazione di trovarsi fuori posto, mal collocato, spersonalizzato, inutile. Una sorta di "mal de vivre", di "spleen" con tutti travagli del caso ma privo di connotazione poetica...


Nonostante questi risvolti amo questo sport, hai due ore libere: puoi prenderti il lusso di correre (o trascinarti) per 1 ora e 57 minuti…a volte arrivo in call con ancora addosso i pantaloncini da running, i calzini sporchi e un bel calo di qualche tipo in corso….la puzza per fortuna ancora non si sente su google meeting e le crisi si possono occultare spegnendo temporaneamente il video scaricando la colpa sulla cattiva connessione.


Una volta praticavo il windsurf a livello agonistico, uno sport bellissimo ma che operativamente si potrebbe definire un infortunio logistico: nel tempo che avevo libero il vento o era troppo o troppo poco, quando era giusto veniva dalla parte sbagliata e ovviamente se ero impegnato in un appuntamento (di qualunque tipo, dal professionale al sentimentale) era statisticamente certo che sarebbe caduto nell’ora, del giorno, del mese, del decennio con le condizioni meteo marine migliori che si fossero mai viste. Ogni tentativo di rifiutare l'evidenza veniva demolito da amici e pseudo tali che invece avevano avuto la fortuna di poter navigare...e che non mancavano di fartelo notare. 

Insomma era la materializzazione della legge di Murphy, sulla tua pelle e a caro prezzo.

Quando iniziai a correre in montagna lasciai istantaneamente dietro di me tutte queste limitazioni, e quello che sarebbe dovuto essere uno sport alternativo al windsurf divenne ben presto lo sport principale e poco dopo naturalmente anche l’unico. 


Dal punto di vista economico il confronto non meriterebbe nemmeno di essere analizzato, vele, alberi, pinnette e tavole da cambiare ogni anno, più per moda che per effettivo sviluppo tecnologico o peggio per logoramento dei materiali: gli investimenti di un anno nel windsurf durano quanto una vita intera di un runner, anche se della categoria ultra e del trail di montagna. 

Nell’attesa del vento poi, o per la frustrazione di vederlo sparire troppo in fretta, si abbracciavano cattive abitudini come fumare, ubriacarsi, ingozzarsi di junk food, bestemmiare, dedicarsi agli atti vandalici, picchiarsi…altro che sport da ragazzi in forma con addominali scolpiti e capelli lunghi biondi, occhi biondi, denti biondi come il bambino ariano della Kinder degli anni ’80.


Ricordo ancora la prima impressione che ebbe mia moglie (reduce da un passato agonistico nel nuoto ad alti livelli), allora solo “morosa” come diciamo noi Veneti, quando accompagnandomi in una tappa del mondiale PWA (il mondiale della specialità slalom) in Korea mi disse: ma questi che professionisti sono? Han quasi tutti il ventre da birra e la faccia da chi mangia würstel con patatine fritte con eccessiva frequenza (e il bello è che aveva perfettamente ragione).

Anch'io, pur facendo palestra e navigando parecchio, non ero certo l'espressione della salute: pesavo 96 kg e avevo la pressione, oltre che colesterolo, alle stelle e soffrivo di attacchi di panico. 

Ora di kg ne peso 69 (gli stessi due numeri ma decisamente in un ordine più accattivante) e sono bradicardico...ma soffro come Fantozzi ancora di visioni a sfondo mistico, soprattutto durante le ultramaratone.


Mi si chiede spesso come si faccia ad “allenarsi” tutti i giorni senza stufarsi: il primo segreto è non chiamarli così. Allenamento ha un qualcosa di programmato, necessario, obbligato…io vado a correre: punto.

Odio le tabelle e forse è proprio perché la mia attività di investitore prevede pianificazione e razionalità che amo il puro istinto che la corsa regala.


A volte "in allenamento" come spiegato prima e consentite il francesismo, faccio letteralmente schifo, altre mi sento invincibile, nella media però direi che vado ad "asino" (sguardo rassegnato e leggermente vacuo con sbuffo perenne e una esagerata attenzione ai segnali che manda il mio, ormai di mezzo secolo, fisico.

Non vi è mai un giorno uguale all’altro, un momento ripetitivo, un passo identico a quello di prima. Gli stessi sassi sui sentieri dietro casa, quelli visti e rivisti milioni di volte dei quali riconosco le venature e la forma del muschio che li ricopre, soltanto in base all’inclinazione del sole e alle ombre che li esaltano, oppure alle sensazioni che sto provando in quel preciso istante,  offrono prospettive differenti: ed è qui il segreto del mio entusiasmo nella corsa e di conseguenza, mi verrebbe da dire, nella Vita.


Cercare la perfezione non ha senso se poi non riusciamo a goderci il filo d’erba più lungo della media nel praticello di casa e scappato chissà come alla spietata precisione del rasaerba. Lo stesso filo d’erba che ieri piegato dal vento si mimetizzava assieme a tutti gli altri e che oggi magari ospita una goccia di rugiada. Un "eletto" portatore di bellezza.


Correre aiuta a risolvere i problemi, a volte ne crea di nuovi, come in un rompicapo matematico cercare di trovare la soluzione ad un enigma apre la porta a centinaia di altri…per fortuna a volte un camoscio con il suo verso alieno interrompe i miei pensieri, altre volte è la sosta obbligata per un bisogno fisico oppure una zecca che subdolamente sta risalendo il polpaccio a farlo. Se la corsa di lunga distanza fosse soltanto trascendenza, come sostiene qualcuno, saremmo punto a capo: identificabili come insieme coeso, prevedibile.

Non è il mio caso.


Ci sono poi le competizioni, un sano momento di sfida e di ricerca del gesto agonistico, spesso un confronto con atleti di venti, anche trent’anni più giovani. Nessun rimpianto, anzi, ogni volta un’occasione per vantarsi forse del fatto che da over 50 sono ancora li, a giocarmela con ragazzi che tranquillamente hanno l’età delle mie figlie più grandi e che io come vecchio asino sono ora probabilmente più in forma di quando era un giovane puledro.


Siamo a fine anno, tempo di chiudere la cartella riferita alla denuncia dei redditi del periodo fiscale in corso e ovviamente di bilanci anche dal punto di vista sportivo:

Nei 2023 ho corso 11 gare di montagna  tra i 43 e i 120km con dislivelli accumulati tra 3200 e 9000 metri+ ciascuna, vinto 3 titoli italiani IUTA della mia categoria, migliorato il mio punteggio percentuale ITRA che mi posiziona ora nel 1,3% dei corridori trail nel mondo, vinto il circuito ultra Grandprix italiano. Durante le mie uscite quotidiane avrò accumulato tranquillamente più di 3.000km e chissà quanto dislivello...insomma tutta Italia nella sua lunghezza (montagne comprese) e un paio di volte almeno (e solo quest'anno).


Meri risultati che contano veramente poco, perché sono naturale conseguenza del fatto che non mi alleno per gareggiare ma gareggio perché alla fine mi sento allenato. Il risultato, come nella regola commutativa dell'addizione, non cambia, ma è forse l'attitudine a farlo.


Atleticamente, anche se sembra impossibile vista la mia età, sto migliorando: questo sia da stimolo a chi, magari a 40 anni o peggio 30 pensa sia troppo tardi per rimettersi in gioco, nello sport, nel lavoro, ma anche nella Vita di tutti i giorni. Abbiamo tutti lo stesso potenziale: un paio di gambe, un cervello, un cuore e uno sfintere e non vedo perché si possa pensare che quelli degli altri siano diversi dai nostri e funzionino meglio. Forse è soltanto la forza di volontà a fare la differenza, ma quella la si acquisisce con il sudore della fronte, la resilienza, la flessibilità e anche un pizzico di ignoranza mescolata a della sana ironia. 


Nonostante tutto questo impegno apparente, ho continuato comunque a fare il padre e il marito, seguito il mio lavoro, gestito la mia proprietà, dato da mangiare al cane e lasciato il bagno di casa pulito dopo averlo magari malamente usato (ho solo figlie femmine sensibili al tema) ma soprattutto non ho mai perso entusiasmo per questo dono prezioso che è la Vita in famiglia.


Quando arriva sera e il buio prende il posto della luce penso che l'ennesimo giorno è finito e che in fondo, chissà come, avrei comunque potuto far qualcosa di più...ma che per fortuna il domani è già alle porte e riuscirò senz'altro a recuperare....    L'asino, quando chiude gli occhi del resto, a cosa anelerà mai?


lunedì 4 dicembre 2023

Caro Babbo Natale: Sotto l'albero vorrei (avrei voluto avere) come regalo un rendimento decente.

Babbo Natale ci (aveva) anticipato dei rendimenti certi e noi li abbiamo rifiutati. Vuoi il pacco o la busta? La busta.

Inutile tergiversare, questa è una certezza che, come sempre avviene sui mercati finanziari, si manifesterà ai più troppo tardi.

Erano confezionati in una bella carta colorata e decorati da un bel nastro, ma non erano accompagnati dalle istruzioni per l'uso...inutile tergiversare, questa è una certezza che, come sempre avviene sui mercati finanziari, si manifesterà chiaramente troppo tardi.

Il momento è propizio anche a delle riflessioni: come la narrativa possa distorcere le percezioni. Siamo stati veramente così sicuri che si sarebbero avverate previsioni eccessivamente pessimistiche oppure come animali abbiamo soltanto seguito l'istinto atavico di non agire solo perché i nostri simili facevano lo stesso? Trovo bizzarro, leggendo articoli che mi sono personalmente conservato, come il problema del secolo (forse del millennio) sarebbe stato per privati ma anche fondi, assicurazioni e banche la ricerca spasmodica del rendimento, in un mondo condannato per l’eternità ai tassi zero. 

Nacquero così i Bond perpetui al 1%, quelli legati all’inflazione, fondi a scadenza con capitale protetto che, considerate le provvigioni, ora rendono il - (meno) qualcosa, piani alternativi pensionistici dalle performance alla luce dei fatti vergognose al limite dell’osceno, prodotti derivati astrusi e complicati legati a condizioni if/then talmente confuse da lasciare basiti e poi, ovviamente, gli indebitamenti a tasso variabile per investire sull'immobiliare (tanto gli Euribor non saliranno mai più).

Ora che questa, nemmeno a dirlo, previsione (che era una certezza?) si è sciolta come neve al sole tutti a gridare al demone del....rendimento….(e del tasso Euribor della cattiva BCE).

Siamo sicuri di essere razionali? A prescindere dai motivi che ci hanno spinto in questa situazione, alcuni talmente ovvi che nemmeno meritano di essere citati, tutti diretta conseguenza dell'incapacità, della miopia oppure dell'interesse in evidente conflitto di alcuni nostri "rappresentanti" viene da chiedersi se l'ennesimo cigno nero, sicuramente grigio (ma per alcuni bianco immacolato), non visto arrivare sia la dimostrazione dell'inutilità delle previsioni.



Complici errori madornali in campo geopolitico e un clima di (lecito) rilassamento psicologico post-pandemico siamo stati trascinati in una spirale di prezzi al rialzo che era difficilmente ipotizzabile, perlomeno utilizzando i soliti e banali modelli previsionali. 

Il nocciolo della questione è tutto qui:

Dimentichiamo troppo spesso che è lil consumatore medio a “far l’economia” e difficilmente il contrario, inoltre soprassediamo sul fatto che l’essere umano è per sua natura, irrazionale e imprevedibile, e che quindi arrivare a pagare in piena pandemia uno spritz con patatine del discount 7 euro, da mangiare con l’alza e riabbassa della mascherina per poi, qualche mese più tardi, far la fila ore per un panino spazzatura di una nota catena di fastfood e apparentemente (altre motivazioni io veramente non ne trovo) solo perché è a “sconto” sia del tutto normale.

In quanto a irrazionalità ne abbiamo viste (e ne vedremo) di tutti i colori.

Per questo spesso sorrido quando leggo proiezioni a due, cinque, dieci anni su tassi di interesse, spese famigliari, propensioni al risparmio di quella o questa categoria, in quella o questa zona del mondo. Tutte variabili che sono…variabili appunto, ma che condizionano in modo drastico e inesorabile il risultato finale.

Bisognerebbe riscrivere le regole, perché diciamoci la verità: la professione dell’analista finanziario/economico è inutile. Senz’altro, passatemi il termine, fica però superflua.

Non me ne vogliano i degni rappresentanti della stessa.

D’altronde, il concetto stesso atavico di inutilità umana trova applicazione nelle esistenze di coloro che hanno come unica certezza, mascherata da obiettivo a lungo termine, l’accumulo di potere e ricchezza fine a se stessa. 

La saggezza paesana ci ricorda attraverso innumerevoli detti che (e questa si è una certezza, forse l’unica che dovremo tenere bene in considerazione) ad un certo punto, volenti o nolenti lasceremo tutto “indietro” per presentarci nudi davanti al destino…

Magari con una valigia di bond dai rendimenti assurdi.